
Tradizione, tecnologia e territorio I è il secondo volume della collana Topografia antica, diretta da E. Tortorici. Il volume è stato stampato con il contributo del Dipartimento di Scienze Umanistiche dell'Università di Catania e il Consorzio Universitario Archimede di Siracusa. L’eloquente titolo è riferito ad una metodologia consolidata di ricerca archeologica sul territorio: termine, questo, da intendere nell’accezione più ampia, nelle sue componenti emersa e sommersa. Vi sono infatti presentati anche vari contributi di ambiente marittimo: Topografia antica è dunque una nuova sede anche per lavori di archeologia subacquea, nell’ampia accezione di questa definizione.
Tradizione, tecnologia e territorio I, Topografia Antica 2, Acireale-Roma 2012, formato A4, pp. 208, 173 figg. in b&n.
Abstracts
Edoardo Tortorici, Roma nell’età di Cesare, la politica urbanistica.
La Lex de Urbe augenda (et exornanda et instruenda), fatta approvare da Cesare probabilmente nell’autunno del 45 a.C., ci viene tramandata dalle fonti letterarie come il primo intervento urbanistico su larga scala di Roma. In questa legge infatti viene addirittura prevista la deviazione del Tevere per risolvere il problema delle frequenti e disastrose alluvioni, oltre alla trasformazione di interi quartieri della città (Foro Romano, settore a Nord-Ovest dell’Argiletum, costruzione del Forum Iulium, Campo Marzio, trasferimento delle funzioni del Campo Marzio al Campo Vaticano). Risulta inoltre evidente che tali trasformazioni urbane previste dalla lex comportarono la variazione di destinazione d’uso di molti quartieri ed aree di Roma, soprattutto lungo la riva destra del Tevere, dove sorgevano numerosi horti e ville di proprietà di numerosi esponenti di rilievo dell’aristocrazia romana. Si ipotizza che il notevole danno economico derivante da tali progetti cesariani contribuì non poco alla radicalizzazione dell’opposizione anticesariana che portò all’assassinio del dittatore.
Giuseppina Sirena, La viabilità antica ai margini occidentali della Piana di Catania.
Il territorio di Ramacca, ai margini occidentali della Piana di Catania, è stato oggetto di ricognizioni archeologiche a partire dagli anni ’90 che hanno permesso di ricostruire le dinamiche del popolamento dall’età preistorica all’età tardo imperiale, la viabilità antica ed, in particolare, il tracciato della Catina – Agrigentum.
Enrico Felici, Luca Lanteri, Latomie costiere a Siracusa.
Dalle latomie sulla costa di Siracusa si ritiene sia stata tratta la pietra servita alla costruzione dei templi arcaici di Ortigia e dell’Olympieion. Lo studio dell’Università di Catania in corso è mirato alla documentazione delle aree. Poiché l’aerofotogrammetria non è efficace sui contesti inondati, si sperimentano altri sistemi di rilievo archeologico rapido, come il fotomosaico planimetrico. La scoperta, sulle aree di cava, di numerose bitte destinate alla movimentazione interna dei blocchi di pietra mostra aspetti sinora poco noti del lavoro nelle latomie antiche.
Valeria Tito, Zeus Kasios. Un culto montano a tutela della navigazione.
Si illustrano i risultati di uno studio su ceppi d’ancora in piombo recanti una dedica a uno Zeus Casius - Kasios, di età genericamente romana. La diffusione di questa complessa figura divina nel Mediterraneo ha toccato il suo apice in età ellenistica, ed ha interessato tutti i territori conquistati dai Romani, dalla Siria alla Baetica e dall’Egitto alla Pannonia. Dalle fonti letterarie ed archeologiche riferite a Zeus Kasios, è possibile tracciare un quadro complessivo sulle sue origini, il suo sviluppo e la progressiva diffusione del suo culto. Ne risulta un quadro in cui era Zeus Kasios percepito come divinità salvifica dai naviganti, come protettore della navigazione e, probabilmente, anche delle transazioni commerciali. I suoi maggiori centri di culto erano ubicati sulle cime dei monti; altri ebbero sede su alture non molto distanti dalla costa. L’apparente contraddizione di un dio “montano” protettore dei naviganti potrebbe spiegarsi con la posizione prospiciente il mare della maggior parte dei luoghi elevati in cui Zeus Kasios era venerato.
Enrico Felici, Un impianto con thynnoskopèion per la pesca e la salagione sulla costa meridionale della Sicilia (Pachino, SR). Eliano, Oppiano e la tonnara antica.
Un nuovo impianto di conservazione del pesce, individuato sulla costa di Pachino (SR), conserva anche tracce di apparati alieutici. Un’analisi comparata tra le fonti sulla pesca del tonno, principalmente Eliano e Oppiano, e la letteratura etnografica sulle tonnare siciliane moderne rende concreta la possibilità che l’installazione di Pachino costituisse l’ormeggio a terra di una madraga fissa per la cattura dei tonni, completata da un thynnoskopèion e da infrastrutture adibite alla salagione del pescato, in cui era impiegato il rinomato sale locale. Un attracco con bitte intagliato nel banco roccioso consente di ipotizzare che il prodotto venisse trasportato verso i mercati su imbarcazioni.
Giacomo Biondi, Centuripe (EN). Nuovi edifici funerari di età imperiale in località Castellaccio.
Parte di una necropoli romana di età imperiale è stata scoperta presso l’abitato di Centuripe, alle porte dell’antica città. Si tratta di due epitymbia del tradizionale tipo ad altare su gradini, di un altro epitymbion a pilastro di tipo tripolitano e, infine, di una tomba a cella (sovrapposta a due tombe a cassa di mattoni). Il tipo dell’epitymbion ad altare fece probabilmente da esempio a monumenti tombali dello stesso tipo, più grandi ed elaborati, dell’Italia continentale. La tomba a cella, di origine centro italica, è documentata anche nella Sicilia di età imperiale. Il pilastro di tipo africano è l’unico esempio in Sicilia.
Dal momento che le tombe sono state saccheggiate e non conosciamo il resto della necropoli né l’ambiente sociale della Centuripe di età imperiale, non si può dedurre molto dai citati monumenti. Per dimensioni e ubicazione avevano un più alto grado di visibilità rispetto a quelli ellenistici e sembra, infine, di assistere ad un processo di monumentalizzazione.
Graziella Buscemi Felici, Paolo Orsi e Guido Libertini collezionisti. Tra proprietari dei fondi, commercianti antiquari e falsari centuripini.
Guido Libertini, durante la sua carriera, ha raccolto numerosi materiali archeologici, poi confluiti nella Collezione Libertini dell’Università degli Studi di Catania. Si ricercano le informazioni sul processo di formazione della raccolta, cioè sulle contingenze o le motivazioni che hanno orientato gli acquisti e i recuperi, cercando di supplire alla mancanza di documenti di prima mano di Libertini ricorrendo a quanto è attualmente disponibile, tra cui le lettere che Paolo Orsi scrisse a Libertini dal 1915 al 1935. Il carteggio documenta la collaborazione dei due archeologi per recuperare pezzi sul mercato antiquario; tra questo materiale, finirono anche pezzi parzialmente o totalmente contraffati, frutto dell’attività di botteghe specializzate nella falsificazione di reperti di Centuripe.
Lucia Baccelle Scudeler, Carlo Beltrame, Lorenzo Lazzarini, Determinazione litologica e provenienza di ceppi e ancore antiche del Museo Archeologico Regionale di Camarina (RG).
Nel Museo Regionale di Camarina sono esposte nove "ancore" di pietra. Vi sono quattro ceppi e cinque semplici pietre forate. I ceppi d'ancora sono stati recuperati da un presunto relitto di età greca a Punta Braccetto. Le analisi fatte sulle pietre hanno dimostrato che un ceppo è stato fabbricato con marmo docimeno. Considerando che i ceppi d'ancora sono tradizionalmente datati in età greca e che il docimeno non venne impiegato prima del IV secolo a.C., questo fatto appare abbastanza curioso. Gli altri ceppi e le ancore sono stati fabbricati con rocce sedimentarie, forse di un sito siciliano.
Enrico Felici, Scribere non necesse. Osservazioni su B. Giardina, Navigare necesse est.
Lo studio dei fari antichi è difficile, per gli aspetti archeologici e per i criteri espositivi: poiché essi sono infrastrutture portuali, l’indagine non può prescindere dal loro contesto progettuale. Questo presupposto costringe ad analisi complesse, nelle quali impianto portuale e faro devono considerarsi parti di un insieme, se non unitario, quantomeno organico, nei suoi aspetti topografici, tecnico-strutturali, storico-artistici, ma anche storici, antropologici, ecc. Il volume di B. Giardina raccoglie numerosi dati ma, ad una lettura attenta, rivela troppa approssimazione metodologica da parte dell’autore ed una sua conoscenza della materia insufficiente a sostenere un argomento così arduo.
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